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Un labirinto di conoscenza
Con un qualche ritardo sulla cadenza biennale stabilita fin dall’inizio (2006) per Tracarte, questa IX edizione ne vuole riprendere il ritmo e soprattutto le motivazioni originarie, argomentate dai primi curatori, Vito Capone e Loredana Rea, secondo cui, come scrisse la stessa Rea in occasione della IV edizione, occorreva “innanzitutto mettere a fuoco la complessità del lavoro con la carta ponendo l’accento con maggiore determinazione su tutti quegli artisti che rappresentano dei punti di riferimento imprescindibili per quanti utilizzano questa materia come mezzo espressivo privilegiato”. Senza ovviamente dimenticare quanti, sul territorio, con la loro creatività si cimentano con le stesse problematiche di una pratica artistica considerata ancora di nicchia, nonostante il fatto che i materiali a base cellulosica siano ormai tra quelli che hanno consentito agli artisti che li usano di contribuire al rinnovamento del linguaggio dell’arte contemporanea.
Sicché anche questa nuova edizione mette insieme artisti che hanno contribuito a fare la storia della Paper art, molti dei quali presenti fin dalle prime edizioni di Tracarte, con altri più giovani, ma già affermati, in modo da poter leggere e magari confrontare le modalità espressive degli uni e degli altri, ma in ogni caso poter registrare le innumerevoli emozioni e la ricchezza di contenuti e di tecniche che il mondo della carta “manipolata” può offrirci. Basti solo pensare che Tracarte ha sempre cercato di favorire anche l’incontro tra le esperienze degli artisti italiani con quelli di altri Paesi, a partire da quelli dove la carta ha trovato, fin dalla sua “invenzione”, maggiori attenzioni. Ma, ovviamente, lo scambio di esperienze è sempre reciproco, e se è vero, come è vero, che gli artisti italiani fanno spesso riferimento a tipologie di carte soprattutto orientale, come la Washi (o Kozo) giapponese o la coreana Hanji (la “carta dei mille anni”), è anche vero che le metodologie occidentali di produzione della carta hanno a loro volta suscitato l’attenzione di molte istituzioni orientali.
Gli scambi culturali, in tal senso, sono ormai numerosi e soprattutto le Tecnologie della carta costituiscono da tempo materia d’insegnamento anche nelle Accademie di Belle Arti italiane, a sottolineare ancora di più che la carta fa ormai parte in maniera ineludibile, grazie anche all’azione delle avanguardie artistiche del primo e del secondo Novecento (penso a Germano Celant e all’”Arte povera”), dei materiali più utilizzati in arte. Presenza ineludibile ma anche innovativa, grazie alle infinite possibilità plastico espressive che essa può offrire all’artista che le si avvicina in maniera creativa, come anche le opere esposte in questa Rassegna testimoniano. E c’è da aggiungere che la carta non è solo un materiale versatile, soprattutto nel processo di formazione/produzione, perché si va dalla carta industriale alla carta tirata a mano, alla carta pesta, alla pasta di carta riciclata e a tantissime altre tipologie derivanti per esempio dalle fibre che si utilizzano, ma è un materiale che può essere associato anche ad altri, dai fili di cotone ai fili metallici, dai pigmenti alle lacche e così via. La carta diventa così anche elemento unificante dei molteplici materiali che vivacizzano la complessità dei linguaggi artistici contemporanei.
Assemblaggi, collage, operazioni minimaliste, “sculture”, costruzioni di forme e superfici immaginarie o tratte dalla natura, articolazioni di volumi nello spazio, giochi ottici, carte acromatiche o dalla patina antica e dorata, glabre o graffiate dalla scrittura e/o figura, – ho sottolineato in altra circostanza – sensibilizzano con la loro magia (davvero qui la magia del “fatto a mano”) il fruitore e lo introducono nei percorsi individuali degli artisti, dove quella sorta di esperanto che è ormai l’arte contemporanea si arricchisce, per trovare una propria caratterizzazione, delle declinazioni (simboli e segni) locali, che spesso “affiorano” imperiose, e della unicità, che vi è impressa, dell’esperienza umana di ciascuno degli artefici. Già, perché, come vedremo, l’arte con la carta non è un gioco creativo di forme nuove solo esteticamente coinvolgenti, come a volte potrebbe apparire, ma quelle forme sono anche espressione di senso e danno voce alle problematiche profonde della condizione umana nelle interazioni sociali e ambientali.
E tutte le tecniche sono possibili, in tal senso, dall’origami al kirigami al quilling al collage alla plastica scultorea ed altro, perché la carta possa esprimere la propria forza comunicatrice andando al di là di ciò che per secoli l’ha caratterizzata, soprattutto come supporto di segni linguistici. In tal senso l’analogico creativo può sicuramente competere con il digitale, qualunque sia l’intelligenza che lo supporta. Anche perché i valori tattili espressi dal fatto a mano conservano ancora un’aura sacrale, per dirla alla Walter Benjamin, perché mettono in relazione l’opera con i tempi e i luoghi in cui è stata realizzata. E proprio nella paper art ci sono artisti che, realizzando a mano la carta e dandole colore, esaltano al massimo grado la memoria dei luoghi e della natura da cui sono stati estratti gli elementi utili a ricostruire pensieri ed emozioni. Ricostruzione non facile, perché, lavorando spesso con la “polpa” informe degli elementi, l’atto creativo ha davanti a sé tutte le possibilità espressive, generate e costruite dalla propria esperienza del vivere.
E infatti fin dall’inizio una rassegna d’arte come questa di Tracarte, con la scelta della carta come materiale espressivo, non ha certamente voluto creare confini rispetto agli altri media, ma offrire “opportunità per soffermarsi sulla complessità che caratterizza il momento della creatività, quando le sollecitazioni provenienti dalla quotidiana esperienza si trasformano in arte, a rendere manifesta l’organica sedimentazione di ogni dimensione espressiva e lasciare emergere le potenzialità insite nelle trame di una materia generata da un lungo processo” (L. Rea).
Anche il percorso espositivo di questa IX Rassegna offre la possibilità di molteplici approcci alla realtà delle espressioni artistiche ottenute con la carta e contemporaneamente apre, come detto, alla sensibilità profonda, alle emozioni, al vissuto degli Artisti. Siamo dunque in una sorta di labirinto da cui si può uscire con interrogativi, sull’arte e sulla vita, ancora più numerosi di quelli che avevamo entrandovi, oppure, intrecciando tutte le possibilità conoscitive offerte, possiamo uscirne dopo aver maturato risposte, facilitate anche dalle opere.
Come in un labirinto, seguiamo tracce di luce attraverso le opere, ci soffermiamo per penetrarne il senso, torniamo indietro per tentare confronti, sottolineare variazioni stilistiche, entusiasmarci o partecipare commossi alle tribolazioni umane che vi sono espresse, confusi ma anche determinati a capire il senso di segni e strutture, anche se a volte aniconici. Le carte “ri-create” possono declinare infatti forme espressive di ogni tipo e porsi anche all’apice dell’innovazione stilistica. Ma in ogni caso esprimono pensieri, emozioni, esperienze. Non sono “tautologiche”. Le opere dei trentuno artisti, non solo italiani, che hanno accolto l’invito ad essere presenti in questa Nona edizione, si muovono a mio avviso su questa complessità espressiva e ci aprono ad una singolare esperienza conoscitiva che ci può aiutare a proiettarci fuori dal labirinto. Perché è un’esperienza che ci immerge anche nelle problematiche individuali, sociali e politiche della contemporaneità e nel sogno del cambiamento.
Ordine e disordine, leggerezza e peso, rispetto della natura, ecosistema, guerre, povertà, malattie, ex voto, contesti urbani e abitativi, carattere della quotidianità, valore della cultura e del dialogo per affermare la parola pace, desideri e riflessioni, attenzioni al senso della mitologia e della storia ma anche all’hic et nunc delle sofferenze individuali, delle prevaricazioni, sono infatti solo alcune delle tematiche che emergono forti da un altrettanto forte impegno creativo degli artisti che, attraverso le metamorfosi della carta, ci aiutano a capire e a volare alto.

Gaetano Cristino