24 Aprile 2016, Comments: Commenti disabilitati su Aldo Frangioni

Occorre risalire alle avanguardie del primo Novecento per recuperare alcune lezioni che abitano le fondamenta dell’opera creativa di Aldo Frangioni. Dal primo acquerello astratto che Kandinskij portò a compimento nel 1910 in Baviera all’esperienza del Blaue Reiter (Cavaliere Azzurro); dal Bauhaus in cui Klee venne chiamato ad insegnare (1920) alla vicenda del gruppo Der Blaue Vier (i Quattro azzurri), all’interno del quale Kandinskij, Feininger, Jawlenskij e lo stesso Klee avanzarono gli ambiti della propria ricerca in modo significativo.
E, pensando agli oggetti – quasi tutti di vetro – che contengono opere pittoriche ed altri materiali, nell’affermazione di un compendio storico che innerva di memoria il lavoro di Frangioni, come non individuare una qualche tangenza – se non altro filosofica – tra questi suoi contenitori e quanto discusso, all’inizio degli anni Sessanta, sulle pagine di Azimuth, la rivista fondata da Piero Manzoni ed Enrico Castellani? Come non riconoscere un’ideale quanto nobile condivisione di certi concetti manifestati dal Gruppo Zero di Düsseldorf fin dall’anno della sua fondazione (1957) e, successivamente, dai Nouveaux Réalistes?
In pittura, diversamente, gli esiti che appartengono alla stagione espressiva più recente di Frangioni mostrano la lenta maturazione di una cifra stilistica sempre più autonoma, nella quale, tuttavia, rimane possibile scorgere un’attenzione critica globale e, nondimeno, una conoscenza approfondita di alcuni fra i maggiori fermenti che hanno attraversato lo scenario artistico, non solo nazionale, dal 1970 ai giorni a noi più prossimi: penso alla ricerche, singole, di Baruchello, Boetti ed Alinari negli anni Settanta, al graffitismo americano del decennio successivo ed a quella fugace stagione del Metropolismo, tenuta, anch’essa, in debita considerazione da Frangioni.
Così, di un artista colto e attento alle emergenze come pochi – Frangioni, appunto –, di cui mi è caro scrivere in questa breve testimonianza, andrebbe doverosamente sottolineato l’impegno assunto in quel versante dell’arte dove oggi si contano innumerevoli interpretazioni, molte delle quali, in verità, assai pretestuose o, nel migliore dei casi, apertamente bizzarre.
Frangioni, al contrario, mantenendosi a debita distanza da ogni artificio e da soluzioni modaiole destinate a tramontare nel rapido susseguirsi di qualche stagione, concretizza una realtà visiva complessa quanto, di fatto, strettamente personale. Le opere ora raccolte in mostra e riprodotte in questo catalogo non possono che suggellare un simile giudizio e, insieme, l’idea di un talento che continuerà per molto a sorprendere e ad affascinare.