24 Aprile 2016, Comments: Commenti disabilitati su Mario Merz

Mario Merz nasce a Milano il 1 gennaio 1925 da famiglia di origine svizzera e cresce a Torino. Durante la guerra lascia la Facoltà di Medicina e si unisce al movimento antifascista “Giustizia e Libertà.
Nel 1945, imprigionato per un anno alle Carceri Nuove di Torino, esegue disegni sperimentando un tratto grafico continuo, senza mai staccare la punta della matita dalla carta.
Nel 1954 tiene la prima personale presso la Galleria La Bussola a Torino, dove espone disegni e quadri i cui soggetti rimandano all’universo organico e dai quali emerge la conoscenza dell’Informale e del linguaggio dell’Espressionismo Astratto americano. Nel 1959 sposa Marisa, artista che diventerà sua compagna inseparabile e nell’agosto del 1960 nasce la figlia Beatrice. La coppia si trasferisce in Svizzera, poi a Pisa, per tornare a Torino dove Merz realizza una serie di “strutture aggettanti”, opere volumetriche intese come possibile fusione dei mezzi espressivi di pittura e scultura. Partecipa a mostre collettive in Italia e all’estero inclusa la Societa’ Promotrice delle Belle Arti a Torino.

Dalla metà degli anni Sessanta il desiderio di lavorare sulla trasmissione di energie dall’organico nell’inorganico lo porta a realizzare opere in cui il neon trapassa oggetti di uso quotidiano quali un ombrello, un bicchiere, una bottiglia, il proprio impermeabile. Incontra a Torino il critico Germano Celant, che conia il termine “Arte Povera” e lo include tra gli esponenti del nuovo linguaggio. Partecipa alle prime mostre del gruppo.
Con l’adozione della forma dell’igloo, intorno al 1968, avviene lo sganciamento definitivo dal piano bidimensionale della parete. I primi igloo vengono presentati al Deposito d’Arte Presente a Torino. Negli anni produce ciascun esemplare utilizzando i materiali più vari, sviluppando ogni volta nuove relazioni con i contesti incontrati.

A partire dal 1970 inizia a usare la serie numerica di Fibonacci, all’interno della quale riconosce un sistema capace di rappresentare i processi di crescita del mondo organico. A Berlino, dove soggiorna per un anno nel 1973, ospite del Berliner Künstlerprogramm, indirizza la propria ricerca sul tema dei tavoli, intesi quali elementi unificanti, fondamentali per la costruzione di una possibile “Casa Fibonacci”. Le principali collettive includono Kunsthalle, Berna (1969), Biennale di Tokyo (1970), Kunstmuseum, Lucerna (1970), Documenta 5, Kassel (1972), Biennale di Venezia (1972). Tiene la prima personale negli Stati Uniti presso il Walker Art Center, Minneapolis (1972).
Dalla seconda metà degli anni Settanta sviluppa una rinnovata frequentazione con la pratica pittorica e si dedica a una serie di opere dove l’igloo, le fascine, i numeri al neon, i tavoli e gli ortaggi includono pacchi di giornali. La prima personale in un museo europeo è alla Kunsthalle, Basilea, seguita dalla mostra all’Institute of Contemporary Art, Londra (1975). Partecipa alla Biennale di Venezia (1976 e 1978).